La rinascita della meccanica USA | ISPI

2022-09-03 02:24:05 By : Ms. Tess Wang

Le pratiche di nearshoring  e onshoring negli Stati Uniti stanno aumentando: non solo i dirigenti di azienda hanno usato quest'anno le parole onshoring e reshoring a un ritmo maggiore rispetto ai primi sei mesi della pandemia nelle earning calls, ma la costruzione di nuovi impianti di produzione negli Stati Uniti è aumentata del 116% nell'ultimo anno, rispetto alla crescita del 10% delle nuove costruzioni immobiliari. Nel Paese, anche grazie ad alcune misure federali, stanno sorgendo nuovi impianti di produzione di semiconduttori: Intel ne sta costruendo due nei dintorni di Phoenix (Arizona) e nella stessa area dovrebbe sorgere anche l’impianto di Taiwan Semiconductor Manufacturing (TSMC) . In questo caso si tratta di un investimento diretto estero che va però a sostituire parte della produzione realizzata dalla stessa azienda a Taiwan. Nel Sud degli USA sono in fase di costruzione nuovi impianti di produzione di alluminio e acciaio, i cui prodotti sostituiranno prodotti precedentemente importati e ciò sta portando a un aumento della domanda di componenti per gli impianti che supporta il mantenimento della capacità produttiva o l’espansione della stessa negli Stati Uniti.

Sempre negli Stati Uniti, nel primo trimestre 2022 sono stati annunciati progetti di reshoring che porteranno alla creazione di più di 73.000 posti di lavoro, con una previsione entro fine anno di annunci di creazione di oltre 295mila nuovi posti di lavoro per rilocalizzazioni di produzioni, rispetto ai 110.000 nuovi posti di lavoro che dovrebbero essere annunciati per progetti di investimento diretto estero (IDE).

Il settore della meccanica si compone di diversi sottosettori, tra i quali il settore dei beni di trasporto, macchinari ed elettrodomestici che sono tra i comparti che avevano delocalizzato maggiormente all’estero e che ora sono tra i principali per quanto concerne la rilocalizzazione delle produzioni negli Stati Uniti. Quanto al trend degli annunci di nuovi posti di lavoro derivanti da Investimenti Diretti Esteri (IDE) e rilocalizzazioni nel 2021, il settore dei beni di trasporto ha registrato un livello di nuovi posti di lavoro annunciati per progetti di reshoring, simile a quello registrato nel 2020 (anno nel quale vi era stato un calo del 25% nei nuovi posti di lavoro annunciati). Tuttavia, come si evince anche dalla tabella più in basso, il numero di nuovi posti di lavoro annunciati per IDE e reshoring nel 2021 è stato pari a circa il 65% in più rispetto al 2020.

Per quanto concerne il settore degli elettrodomestici, attrezzature e componenti elettrici vi è stata una crescita nel numero di posti di lavoro annunciati a seguito di IDE e rilocalizzazioni grazie anche all’aumento della produzione di batterie nel Paese. Il settore dei macchinari ha visto nel 2021 un aumento dei posti di lavoro annunciati per nuovi IDE e rilocalizzazione della produzione sia rispetto al 2020 sia rispetto al 2019.

Tabella 1 Nuovi posti di lavoro per rilocalizzazioni e investimenti esteri

Fonte: Reshoring Initiative, 2021 Data Report

Considerando invece il valore dei nuovi posti di lavoro annunciati per IDE e rilocalizzazioni nel periodo 2010-21 si evince che il settore dei mezzi di trasporto rappresenta il settore di maggiore rilevanza (anche grazie ai diversi IDE realizzati nel Paese) con l’annuncio di circa 358.000 nuovi posti di lavoro (pari al 27% del totale dei diversi settori industriali statunitensi). Nel settore di produzione dei macchinari sono stati creati 152.659 posti di lavoro, mentre quello degli elettrodomestici, attrezzature elettriche e componenti, nel quale solo a partire dal 2019 si è assistito a un’accelerazione dei nuovi progetti di rilocalizzazione e reshoring, ha visto l’annuncio nel periodo 2010-21 di 60.434 nuovi posti di lavoro.

Tabella 2 Nuovi posti di lavoro per rilocalizzazioni e investimenti esteri

Fonte: Reshoring Initiative, 2021 Data Report

I dati appena riportati potrebbero essere leggermente sottostimati in quanto alcuni ambiti della meccanica ricadono in altri settori (secondo la classificazione statunitense Naics), che non rientrano nel settore metalmeccanico secondo la definizione Italiana.

GE Appliances (ora di proprietà della cinese Haier) già a partire dal 2008 ha iniziato a riportare parte della produzione di elettrodomestici dalla Cina agli Stati Uniti sulla base dell’assunto che per i prodotti di maggiore dimensione il risparmio nei costi di trasporto avrebbe compensato gli extra costi legati al costo del lavoro USA, (che parallelamente veniva ridotto aumentando l’efficienza del processo produttivo). In particolare, GE Appliances ha riportato negli Stati Uniti parte della produzione di lavatrici e frigoriferi, precedentemente in Cina e, a fine 2019, ha annunciato la creazione di una nuova linea di produzione di scaldacqua operativa dal 2020. Inoltre, anche parte della produzione dei freezer dell’azienda è stata riportata dal Messico agli Stati Uniti.

Generac Holdings, produttore di generatori di energia di back up per diversi mercati, ha avviato sin da prima della pandemia un processo di reshoring e onshoring di parte dei prodotti precedentemente realizzati in Cina. Pertanto ha aumentato la produzione in un impianto in Wisconsin, creato un nuovo impianto in Georgia e aumentato gli acquisti di componenti da produttori negli Stati Uniti e in Messico.

Per quanto concerne le aziende che ricadono nel settore di produzione di mezzi di trasporto, tra le altre, Ford nel 2013 ha riportato la produzione di motori a due litri ecoboost dalla Spagna agli Stati Uniti, mentre nel 2015 ha riportato la produzione di cabine a telaio Super Duty per camion dal Messico agli Stati Uniti. Anche General Motors ha riportato negli Stati Uniti parte della produzione realizzata in Messico, mentre Chrysler ha riportato una linea di prodotto dal Messico al Minnesota.

Numerose altre aziende del settore meccanico, anche di piccola dimensione, hanno riportato negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni parte della produzione o tutta la produzione realizzata in Cina, tra i quali: Bailey Hydropower, Bison (motori elettrici), Blender (parti di motore), Brammo (motociclette elettriche e batterie), Farouk Systems (elettrodomestici con l’assunzione di 1.200 persone). Hardinge, a partire dal 2020, ha riportato la produzione di macchine fresatrici e torni da Taiwan a Elmira (Stato di New York), AM for Electronics ha riportato negli USA la produzione da Cina e Messico.

Se le aziende statunitensi stanno riportando le loro produzioni in America o in Messico, quelle europee sembrano puntare principalmente all’Europa Centrale e dell’Est. Germania e Polonia sembrano essere le mete ad oggi preferite, seguite da Francia e Italia. Tuttavia, riportare le produzioni in questi Paesi significa dover rivedere i forti investimenti fatti in precedenza per supportare le scelte di offshoring, ma anche riuscire ad affrontare un mercato dove il costo del lavoro è più elevato e le competenze specifiche sembrano mancare proprio a causa di quelle tendenze per le quali tali competenze venivano ricercate nei Paesi dai quali ora si sta cercando di uscire (ad esempio, la Cina). Secondo un recente studio della  Buck Consultants International (BCI), nei prossimi tre anni assisteremo a un forte incremento della robotica e dell’automazione per fare fronte alla carenza di manodopera e al maggiore costo del personale in Europa e negli Stati Uniti. Sembra infatti che i processi produttivi altamente automatizzati aumenteranno dal 18 al 47% nel periodo 2021-2024. Lo stesso trend sembra valere per i nuovi centri di distribuzione.

Allo stesso tempo, quando si parla di reshoring si fa spesso riferimento all’industria del tessile, moda e abbigliamento e, ultimamente a seguito della pandemia, del medicale. Tuttavia, tra gli studi pubblicati recentemente da Confindustria, automotive, imacchinari, elettronica e apparecchi meccanici risultano avere un’incidenza del 40% rispetto al totale delle rilocalizzazioni avvenute negli ultimi anni. Inoltre, come per gli USA, anche in Europa si sta assistendo a forti investimenti nel mondo dei semiconduttori. Questo principalmente perché a seguito della pandemia, delle carenze e dell’aumento dei costi delle materie prime unite ai ritardi nelle consegne, e infine alle ripercussioni della guerra tra Russia e Ucraina la loro disponibilità è stata fortemente ridotta. Questi, però, sono elementi costitutivi vitali ormai per qualsiasi cosa, specialmente per quanto riguarda i macchinari di ogni forma e dimensione.

In risposta a questa ridotta disponibilità, la Commissione Europea nel febbraio 2022 ha proposto lo European chips act, con l’obiettivo di promuovere investimenti strategici per il settore dei semiconduttori. Visto che la catena globale di valore dei semiconduttori è caratterizzata da dipendenze critiche, tra cui chip tecnologicamente avanzati in arrivo da Taiwan e Sud Corea, proprietà intellettuale USA per la loro progettazione, o i wafer giapponesi e l’assemblaggio cinese, rinforzare ricerca e produzione di tali elementi in Europa potrebbe essere vitale per superare le sfide che si stanno presentando e che si presenteranno in futuro. Ad oggi, secondo uno studio condotto da UniCredit SpA, in Europa sarebbero state annunciate circa 24 nuove gigafactories con capacità produttiva per poter rispondere alle esigenze di circa 9 milioni di veicoli elettrici all’anno. Anche gli investimenti – di circa 33 miliardi di euro – fatti da Intel e l’interesse che Taiwan sta dimostrando per la produzione di semiconduttori in Europa con l’apertura di stabilimenti, tra cui quello in Italia di Novara negli stabilimenti della ex-Montecatini (ora Memc electronic materials), forniscono le prove di una tendenza sempre maggiore alla rilocalizzazione.

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